Le stelle non mancano di certo a Milano, ma allo stesso tempo le delusioni sono dietro l’angolo, quindi vale sempre la pena affidarsi al consiglio di qualche amico fidato.
Avevo già provato con soddisfazione la cucina di Andrea Berton al Trussardi alla Scala e gli amici meneghini mi raccontavano che era giunto il tempo di andare al suo nuovo ristorante, di cui è anche proprietario.
Ma facciamo un passo indietro. Chi è Andrea Berton ?
Friulano classe ‘70, con un fisico da playmaker avrebbe di sicuro potuto darsi al basket o aspirare a diventare un corazziere, per nostra fortuna il papà a 17 anni gli regala il libro “Guida alla grande cucina” di Auguste Escoffier che sarà fonte d’ispirazione per una splendida carriera nel magico mondo dei fornelli.
Il giovane Andrea consegue quindi il diploma alberghiero ed inizia a lavorare con uno stage con il grande maestro Gualtiero Marchesi nel 1989 in via Bonvesin della Riva. Farà poi un’esperienza a Londra e successivamente dividerà il ruolo di apprendista con Carlo Cracco nelle cucine dell’Enoteca Pinchiorri. Da Firenze si trasferisce a Montecarlo alla corte di Alan Ducasse (Louis XV). Ormai maturo, rientra in Italia per conquistare la sua prima stella Michelin come Chef alla Taverna di Colloredo. Per poi ritornare a casa Marchesi ma questa volta con la giubba di executive chef del gruppo.
Con due maestri come Marchesi e Ducasse puoi andare ovunque, Berton decide di spostarsi a Milano e diventare chef, nonché direttore, dello scicchissimo Trussardi alla Scala nel 2006. Al Trussardi ottiene la Stella Michelin nel 2008, che conferma nel 2009, ma nel 2012 conclude la collaborazione.
Qualche esperienza in via Solferino nel mentre e poi,a fine 2013 il grande salto: ripartire da zero con un ristorante di proprietà nella nuovissima zona di Porta Nuova Varesine sempre a Milano. Ad un anno dall’apertura arriva la stella, confermata anche nell’ultima edizione della rossa.


Il Ristorante che porta il suo nome è nel basement dei uno dei moderni grattacieli di Via Mike Bongiorno (Viale della Liberazione). Trasparenze in tutte le direzioni come del resto è il sito web che non nasconde nulla, neppure il menù con i costi (ancora non capisco perché non lo fanno tutti come all’estero). L’architettura si fonda perfettamente con la Milano futuristica di Porta Nuova, con un arredamento mitteleuropèo, moderno, minimale ma comunque confortevole nelle comode sedute ai tavoli sagomati. Bella la mise en place (lui stesso ne ha firmata una per Kartell) anche se alcuni piatti da portata di colore bianco perla emanavano una sensazione di plasticoso.


L’organizzazione è perfetta, ma allo stesso tempo natutale, umana e piacevole, bravissimo il direttore di sala Lorenzo Sica.
E’ proprio questa simbiosi tra sala e cucina che colpisce molto. I piatti arrivano perfettamente a temperatura, c’è una sincronizzazione armoniosa tra le due brigate, mai una sbavatura. Berton ha detto che il suo obiettivo è “portare la cucina in sala” e per fare questo invita tutti gli ospiti, senza nessuna esclusione, a fine cena a visitare la cucina.
Un privilegio che altrove è concesso solo agli “amici”.
Passiamo ai menu. Abbiamo 4 tipologie: Menù alla Carta, Menù degustazione normale (120 €), menu degustazione con 7 portate a base di tartufo bianco d’Alba (240 €) e uno speciale e curioso Menù “Tutto Brodo” (120 €) dove il brodo è protagonista essendo utilizzato per le cotture e per le salse (brodo vegetale, di carne, di pesce e perfino di cioccolato e di mela).
Osservando la presentazione dei piatti emerge una cura manicale per i dettagli. I sapori sono distinguibili, le consistenze giuste e nel complesso sono molto leggeri, fattore non trascurabile che ti consente di arrivare a fine pasto gustando tutte le portate.
La cosa che ti sorprende maggiormente è la scoperta che il gusto del cibo è esattamente quello che avevi immaginato identificando visivamente le varie componenti nel piatto.
Eleganza e semplicità sono le parole chiave di questo ristorante.

Gamberi rossi di Sicilia crudi e cotti, amaranto croccante, olio di oliva taggiasca, sorbetto alla barbabietola
Siamo alla fine quando giunge uno dei migliore soufflè assaggiati fino ad ora. Una consistenza sublime, accompagnato da un gelato al fior di latte degno delle migliori gelaterie del paese.
All’ingresso in cucina per il saluto finale (e foto di rito) con lo chef, si nota un ordine e una pulizia come se avessero cucinato altrove. Trova spazio anche un magico chef table per due.
Andrea, a dispetto della stazza, si scioglie con un gran sorriso e si confronta piacevolmente con gli ospiti sulle varie portate.
Lui stesso narra che una volta al Trussardi a fine cena un cliente che aveva apprezzato la cena lo ha sfidato chiedendogli se era in grado di fare anche un semplice piatto di spaghetti al pomodoro con la stessa qualità. Lo chef raccolse la provocazione rientrando in cucina e uscendo più tardi con il piatto richiesto che fu apprezzato moltissimo dal cliente che si complimentò con lui ulteriormente.
Forse sarà per questo che Andrea Berton conclude ogni menù degustazione, addirittura dopo il dolce, con un delizioso piatto di spaghetti alla chitarra al pomodoro fresco.
Una sorprendente chiusura di una cena già di per se eccellente.
La mia personale valutazione complessiva è